27 gen 2012

Apriamo i cancelli

Immaginate un silenzio irreale.

Un muto rumore di neve, di gelo e disperazione.
Una coltre di dolore, la cui unica voce è il vento.
Immaginate lo sconcerto dei soldati sovietici, il 27 gennaio 1945, ad Auschwitz, all'abbattimento di quei cancelli, alla scoperta di quei corpi martoriati, dei cadaveri, delle persone che fino a quel momento avevano cessato persino di essere umane, perché qualcuno aveva tolto loro tutto ciò che poteva definirli tali.
Immaginate questo, per un attimo. Immaginate il degrado più infimo che un uomo e una donna possano mai toccare. Non ci riuscirete. Perché è davvero fuori da qualsiasi concezione di civiltà (una parola che abbiamo riscoperto dopo, una volta smantellate le dittature, ma che spesso ancora oggi dimentichiamo) immedesimarsi in una situazione così cruda, violenta e disumana. 

Io credo che il giorno della memoria non sia una ricorrenza, ma un esercizio. E che se qualcuno oggi è capace di negare un delitto come la Shoah, significa che l'incubo di quelle persone, spogliate della propria dignità e del diritto alla vita, continua ancora. E se spostiamo un po' il nostro punto di vista, e ci muoviamo verso paesi come l'Africa, scopriamo che una cosa simile sta ancora accadendo, e che "persecuzione" non è una parola sbiadita nel vocabolario di molti.

Quindi fermiamoci un attimo, e immedesimiamoci. Facciamolo, per coloro che ancora oggi sono vittime di persecuzione. Non limitiamoci alla ricorrenza: rendiamo la dignità a tutte quelle persone.

Apriamo nuovamente i cancelli.

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