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Il Cappellaio Matto esiste, ed è tra noi

CLAUDIA TOLONI

La fotografia delicata dei nostri ricordi

VALENTINA SCOCCA

L'occhio interiore di un'artista

24 feb 2012

"CocaColla chiude. Per una lettera."

il logo "incriminato"
Uno degli argomenti che mi stanno più a cuore riguarda la tutela di tutti quei blog e quei siti dedicati all'arte, alla sua indipendenza, alla promozione degli emergenti e alla ricerca della non banalità in un mondo in cui la commercializzazione di qualsiasi cosa ne soffoca l'afflato concettuale.

Penso, dunque, che chi si adopera per la cultura vada supportato e accompagnato - quando le sfide (e le sfighe) si fanno troppo dure - verso un'altra dimensione che possa, quantomeno, mantenerne il nucleo originale.

È quanto sta chiedendo ai blogger il sito "CocaColla.it",  dedicato ad arte, design e cultura.

Ma che è successo allo staff di CocaColla?
il CocaColla Drink Team
A quanto pare il colosso Coca-Cola non gradisce la somiglianza che accomuna i due marchi, anche se a dirla tutta li distingue bene non solo la grafica, con quella L in più, ma soprattutto il concetto. Come spiega il CocaColla Team:

"L’idea di chiamare il blog CocaColla nasceva da uno dei nostri primissimi brainstorming, quando pensammo di mettere insieme la colla, elemento fondamentale dell’artistica di base, ma anche della streetart, con la Coca-Cola, simbolo della cultura pop, dell’industrializzazione e della pubblicità come strumento fondamentale per sbaragliare la concorrenza. Per noi in questo nome c’era tutto quello che volevamo comunicare: tutte le nostre passioni, tutti gli argomenti che di lì a poco sarebbero diventati i temi del nostro lavoro quotidiano, di ricerca e produzione di contenuti. Un nome facile da ricordare e irriverente che faceva il verso proprio al soft drink più famoso del mondo."


Un'idea interessante, che faceva del prodotto finale l'esatto contrario di quello dal quale s'era tratta ispirazione.
La Coca-Cola Company, però, intercetta il blog, e in un lampo parte con una lettera di diffida, chiedendo al Team CocaColla di "ritirare le pratiche avviate per la registrazione del marchio e la cessione nei loro confronti del nome a dominio www.cocacolla.it." compresi i social ad esso annessi, "pena citazione a giudizio".

Pena citazione a giudizio detto da un gigante come CocaCola a un piccolo puntino come CocaColla, è puro terrorismo: i ragazzi decidono, con il consiglio di un legale, di cambiare completamente il nome del progetto e di obbedire.

Che cosa comporta tutto questo? 
Enormi danni al progetto editoriale: allo staff tocca ricrearsi daccapo, e recuperare in qualche modo tutto ciò che è stato fatto fino a questo momento. Un lavoro enorme, che porterà via tempo prezioso, e costerà molto anche in termini economici (pubblicità ospitata che andrà sospesa, riprogettazione del sito e del logo, modifica degli articoli che contengono il nome "CocaColla" etc.).

Cosa ci chede il CocaColla Drink Team?
Semplicemente di accompagnarlo, come dicevo, in questo processo di trasformazione, perché non si perda lo scopo del progetto, perché sia possibile riprendere da dove si è sospeso.  Perché non venga cancellato il lavoro dedicato all'arte e ai giovani artisti svolto fin'ora.
Non possiamo far nulla per aiutarli a mantenere il nome, ma possiamo aiutarli a mantenere il progetto: facciamo girare la notizia, forwardando il COMUNICATO STAMPA, scaricando il SUPPORT MEDIA KIT, e twittando con hashtag  #supportcocacolla la notizia della chiusura e le info a essa connesse.

E tiriamo un sospiro di sollievo che a qualcun altro, in passato, non è stato chiesto di ritirare le sue opere perché non poteva utilizzare un marchio commerciale.




17 feb 2012

Santi, Ici e Cantanti

Pare proprio, ultimamente, che qualcuno abbia rilanciato il divino un po' in tutti i campi: il commercio si affida a San Valentino, la discografia a San Remo e Monti - alleluja! - decide che è il momento che la Chiesa Cattolica faccia un po' di beneficenza ai poveri anziché predicarla soltanto. Un bilancio in media ottimo per le nostre tasche, un po' meno per la nostra pazienza.
San Valentino, però, lo si può ignorare; con Sanremo è molto più dura. Anche volendo restarne fuori, è impossibile: la tv parla solo di quello, i social impazziscono, i tweet e gli hashtag si accumulano, le battute si sprecano: anche questo è Sanremo, nel 2012: un fenomeno multimediale. Il rapporto che gli italiani hanno con il Festivalone è un po' quello che unisce una vecchia coppia isterica: non ci si ama più, ci si critica continuamente, ma alla fine si resta insieme. E questo - lo ammetto - è quanto accade anche a me. Le ultime parole famose sono "eh no, Sanremo quest'anno NO!". Infatti sono qui a scriverne.
Dopo essermi concentrata sulla musica per anni, è difficile smettere di parlarne, la penna parte da sola, le dita scorrono sulla tastiera del portatile come possedute: il destino è quel che è, non c'è scampo più per me.

Ma veniamo quindi ai punti salienti della manifestazione.


  • L'IMPEGNO
Questo festival dedica uno spazio alla mia regione, la Liguria, e alle vittime dell'alluvione. È bello che non ci si dimentichi, pur essendo passato del tempo, della tragedia che ha sconvolto Genova, La Spezia e la riviera di levante. Ci sono state parecchie iniziative musicali dedicate a noi, e ne sono felice. Ho una sola perplessità: come mai non sento nominare Messina, all'interno di queste iniziative? Perché non si ricorda che - oltre alla tragedia di Genova e La Spezia, c'è anche quella di Barcellona Pozzo di Gotto? Ci sono alluvionati di serie A e di serie B? La dignità, la casa, il lavoro, gli affetti, sono andati perduti tanto sotto la dolcenera del Fereggiano quanto sotto quella del Longano. Sono colpita che nessuno dica nulla.

  • BELEN E LE FARFALLE
Ne parlerò poco. Dico solo che "volgarità" non è solo un termine che serve a indicare tette e culi al vento. La volgarità è anche l'intenzione, la sottile allusione a ficcare pruriti a forza anche dove non fanno parte del contesto. In un festival internazionale di questa portata, la farfallina di Belen non c'entrava proprio una beneamata.

  • I CANTANTI (a grandi linee quelli che ho notato nel bene e nel male. Soprattutto nel male.)
Nina Zilli
Nina Zilli, cotonatura "Amy Winehouse Tribute" a parte, meravigliosa come sempre. Amo molto la sua voce profonda, l'intonazione sempre impeccabile, il suo look retrò e il fatto che sia trasparente. Bravissima.
Arisa me l'aspettavo: bisognava togliersi i panni della svampita, prima o poi, e questa canzone drammatica, cantata con delicatezza e precisione, è la sua occasione. Melodia sanremese al 100%, non mi stupirei se vincesse lei questa edizione 2012.
Noemi: e poi dicono che i talent sfornano solo meteore. È sempre stato chiaro che Noemi aveva quel "qualcosa in più" che le avrebbe fatto fare carriera in un batter di ciglia. Le collaborazioni giuste (Fiorella Mannoia), gli autori giusti (Fabrizio Moro, per il pezzo presentato all'Ariston), la voce roca e unica. La apprezzo moltissimo. Unica critica va al suo parrucchiere: il rosso Milva è passato di moda da un po', non sarebbe meglio un colore più sobrio? 
Matia Bazar: ovvero "Silvia si sveglia a Mezzanotte". Molto brava, sono contenta sia tornata perché la gallina spennacchiata che avevano prima mi aveva fatto venire voglia di rinnegare le radici comuni che ho con questo gruppo, che ai tempi della Ruggiero amavo alla follia. 
Arisa
Francesco Renga: per farvi capire che ne penso, devo citare un tweet di Paolo Madeddu, che io venero per la concisione: "il brano di Renga è un chiaro tributo a Renga".
Gigi D'Alessio e la Berté: ci ho messo un po' a capire che D'Alessio stava cantando con Loredana: mi era sembrata, da lontano, prima Renato Zero ingrassato, poi Lele Mora. Coppia improbabile. Lei troppo di carattere, lui sempre in stile Napulepiezzecore anche se gli dessero da cantare Wild Boys dei Duran Duran.
Irene Fornaciari: tutti la odiano, a me la sua voce non dispiace, la trovo un'interprete credibile, ma la canzone che ha portato è semplicemente orrenda. Non è un Grande Mistero che sia stata esclusa.
Erica Mou
Pierdavide Carone: non gli perdonerò mai di avere scritto la canzone con cui ha vinto Scanu nel 2010. Lo manderei a casa in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi. E gli direi "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole". Capito, Nanì? E più non dimandare.
Marco Guazzone: un incrocio fra Tricarico e Mattew Bellamy. Mi piace moltissimo. Al primo ascolto ho pensato "mmh", al secondo invece "vincerà lui".
Erica Mou: (e qui mi faccio tanti nemici) di lei il web usa termini come "rivelazione", "miracolo", "meraviglia". A me è parsa di un noioso insostenibile, forzatamente cantautorale, clonata in quell'underground di nuovi talenti che sono convinti di essere gli eredi di De André, ma che musicalmente si somigliano troppo e pensano che basti una chitarra per renderli Cantautori. Capiamoci: non è che sia sbagliato, ci sono giovani musicisti che con una chitarra e un bel testo dimostrano di essere professionisti pure sul palco di un pub. Erica Mou, però, che palle. Voglio sentire presto altri suoi brani pre-sanremo per cambiare idea.
Giulia Anania: non pervenuta. Ma chi l'ha scelta questa? E soprattutto: Perché?

  • GLI OSPITI 
Patti Smith
Che si può dire di Patti Smith che canta dal vivo "because the night", se non che ho pianto davanti al video come una bambina per la gioia? Almeno una nota di grande qualità in questo festival l'ha portata lei senz'ombra di dubbio. Peccato che ci siano le figuracce degli altri a togliere il sorriso. Tipo quella di Arisa, che porta José Feliciano sul palco con il piglio di un cane guida, e poi gli indica lo sgabello dicendo "devi sederti lì", e subito dopo chiede a Morandi "come lo aiutiamo a sedersi?" Qualche neurone glielo hanno tolto per l'immagine, ma qualche altro le manca di suo. Brian May suona con Irene Fornaciari, lei piange, commossa: i Queen li ama tantissimo, d'altra parte: l'ultima volta che l'ho vista qui a Genova era a un concerto dei RadioGaga (coverband delle Regine) insieme al compagno, Roberto Tiranti (mio concittadino). Bersani ha cantato romagna mia; e io lì per lì pensavo fosse il PierLu. Bello il duetto Skye e Zilli; tutti ci siamo chiesti chi diavolo fosse Gary Go; Anzi, Garigò, grazie Morandi che esisti.

  • I PRESENTATORI
Morandi non ce lo vedo a presentare. La Canalis non ce la vedo al mondo proprio e non mi stupisco che Clooney sia passato da Ocean's Eleven a Fastweb dopo questa relazione. Belen non la sopporto. Papaleo non mi piace. Meno male che c'è Vessicchio.

  • IL PRONOSTICO
Non rispecchia del tutto la classifica che vorrei, ma faccio come il buon Sabani quando imitava Mike: scelgo la busta tre e dico che questa edizione la vince Noemi (ballottaggio al secondo tra Arisa e Zilli). 


Ci vediamo domenica per il numero del negozio che mi ha venduto la sfera di cristallo. Oppure per gli insulti, fate voi, io tanto non ho niente da fare.



Aggiornamento durante la diretta di Sabato 18 febbraio 2012: ho appena capito che voglio Arisa al primo posto, Nina Zilli al secondo e Noemi al terzo. Rimane confermato il pronostico, ma il mio cuore è con quella piccola papera che è di una professionalità impressionante. Brava Rosalba, mi hai commossa.


Aggiornamento dopo la finalissima: Ha vinto Emma. Seconda Arisa, terza Noemi. In Italia contano soprattutto gli AMICI. Che squallore. Brava Arisa, brava Noemi, e brava Nina! Per me questa è musica.

5 feb 2012

Un bicchiere di Barolo di troppo

Dovete sapere che io ho le mie fonti, i miei informatori. Una dei quali, a sua volta, fa parte di un valido gruppetto di attentissimi della rete, che io chiamo "fashionspippolators", perché seguono con interesse Chiara Ferragni e selezionano tutto ciò che ritengono all'altezza nel campo della moda. Purtroppo a volte capita che, a forza di spippolare in rete, inciampino rovinosamente su qualche sito o blog che li imbarazza a tal punto che si sentono in dovere di fare nomi e cognomi. E per fortuna li fanno anche a me.

Ecco, dunque, come sono capitata su www.affashionate.com : il fashion blog di Elena Barolo.
Premetto che le critiche che ivi esporrò saranno argomentate nel dettaglio, per evitare l'effetto (purtroppo tutto italiano) "sono invidiosa perché è fortunata e quindi attacco", che personalmente non sopporto. Visitando i links dei video di Chiara Ferragni ho capito che questo è un cancro tutto nostrano, perché sui canali delle altre due fashion blogger che affiancano Chiara in  "Werelse", Andy Torres e Carolina Engman , non ci sono insulti gratuiti; eppure entrambe le fanciulle sono al pari straricche e strafortunate. Non vedo grosse differenze fra le tre, se non la nazionalità.

Ma veniamo al Barolo. Vi assicuro che risulterà molto più difficile berne un bicchiere dopo avere visitato Affashionate (Partendo dal titolo. Che senso hanno le lettere evidenziate in rosa? Compongono la parola 'A FATE? Cominciamo bene.) Però, cerchiamo di cogliere l'aspetto positivo. Il suddetto link è un perfetto vademecum che contiene tutto ciò che un'aspirante fashion blogger NON deve fare.  Vediamo perché.

  • 1 - Sono bella, quindi posso parlare di moda.
Credo che nessuno dotato di buon senso possa dire della Barolo (come, ancora non ve la ricordate? Ma sì, dài, la Velina!) che non è una bellissima donna.  È oggettivo. Quello che non è automatico è il pensiero che una bella donna possa parlare di moda solo perché le piace e perché è di bell'aspetto. Di certo è richiesto: ma non essenziale. Prima di tutto bisogna capirci qualcosa. Non basta sfogliare Vogue per occuparsi di moda. Ci vorrebbe anche una certa cultura, o quantomeno un gusto fuori dai canoni tradizionali. Che Elena, a mio parere, non ha. Altrimenti non proporrebbe un pitonato verde per un  matrimonio civile o non accosterebbe due toni diversi di maculato a un top fiorato.

  • 2 - Sono una modella, quindi posso pubblicare foto "in posa".
La fotomodella non è una blogger. La differenza tra una foto per una rivista, che spesso è integrata in un contesto a tema, è artistica. Non a caso Vogue chiede nientemeno a Demarchelier, Leibovitz, Toscani di firmare gli scatti dei servizi di punta. La foto artistica giustifica e soddisfa completamente due richieste: mettere in evidenza i capi ma anche la bellezza estetica di contesto e modella.
La fashion blogger ha un solo fine: quello di proporre il proprio look alle lettrici. Le foto del fashion blog sono quindi spesso più "da postalmarket" che da rivista patinata, ma c'è un perché: la protagonista non è la blogger, ma l'abito che indossa.
E qui la Barolo fallisce: non importa che ti scatti la foto col vestito laminato, se poi ti si vede solo la coscia e la posa da panterona. Vogliamo vedere cosa indossi, non quanto sei bella, ché quello è scontato, già lo sappiamo.

  • 3 - La risoluzione delle foto scattate non importa.
Niente di più sbagliato: se vuoi guidare le donne nella scelta di capi e accessori, li devi presentare più che puoi in una veste appetibile e cercando di non tradirne consistenze e colori. Come si fa a capire che spessore ha un tessuto, o quanto è finemente ricamato, se le foto te le fai con un cellulare a un megapixel?
Inutile linkare Blackberry, se poi utilizzi un modello base come il Curve per gli autoscatti. Meglio sarebbe stata persino una piccola vecchia kodak. Ma una macchina fotografica, suvvia, almeno.


  • 4 - Per fare tendenza basta elencare i vestiti che mi piacciono.
Irene Colzi
Falso. Per fare tendenza, tra quelli che ti piacciono, devi saper selezionare i capi che ti aiutano a creare qualcosa di tuo. Anche qui mi tocca riproporre Chiara Ferragni come esempio. Ma non solo: guardate Irene Colzi (foto) che gusto, che delicatezza e che piacevolezza negli accostamenti. Ci viene voglia di vestirci bene come lei, ci si immedesima. Di modelle ce ne sono tante, la differenza la fanno le donne in cui ci rispecchiamo (se non per conto in banca, per fisico, per età, quantomeno per semplicità). Già che ci siete, confrontate  le sue foto con quelle della Barolo e ditemi se non ho ragione ad affrontare quanto scritto al punto 2




  • 5 - avere un fashion blog fa di me una giornalista di moda.
Cito dalla sezione "about" (dove peraltro, la Barolo si autointervista. Ma Elena! Non sei la Fallaci!) :

[il fashion blog] oggi è il modo più veloce e diretto per far “sentire la propria voce”, in un mondo dove la concorrenza dal punto di vista giornalistico è spietata, e perché diventi automaticamente la “redattrice di te stessa”.

Questo mi fa molto irritare. Una giornalista di moda è un'amatrice, certamente,  - si è mai vista la Sozzani vestire male? - ma ha anche una cultura, un punto di vista critico e soggettivo, una capacità affinata con l'esperienza di capire quali tendenze avranno successo e quali no.
Una blogger è una blogger, a meno che non aspiri a diventare giornalista. E non una modella. 


La ScoMODAmente
Un esempio di giornalismo e moda tra il professionale e l'amatoriale lo trovate su La ScoModaMente (logo a lato).
Mi colpisce la qualità degli articoli e l'originalità con cui la redattrice (non scelgo la parola a caso) guida le scelte del suo blog, non dimenticando di occuparsi della madre della moda, l'arte. Oltre al fatto che pubblica ogni venerdì, con cadenza regolare, proprio come una testata vera e propria.

Vi ho convinti? Lo spero. Cercare la qualità anche in rete, sempre
Altrimenti l'effetto pecoroni non vi lascerà via di scampo(lo).


Si ringraziano i fashionspippolators per questo articolo: Valentina, Silvia, Carmen, Alessandro e Paola.

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