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20 nov 2012

Approvata la legge sugli scomparsi

Riporto interamente il testo del comunicato ricevuto da Vincenzo Lorenzelli, presidente dell'Associazione Penelope Liguria. Finalmente qualcosa pare muoversi riguardo la tutela dei diritti delle famiglie di chi scompare.


"Uno dei problemi che i parenti, prima, e le forze dell’Ordine, poi, si sono sempre posti al momento della sparizione di una persona è che profilo giuridico avesse questo fatto e in che modo si dovesse attivare una ricerca.  
Con l’approvazione in sede deliberante da parte della Prima Commissione Affari Costituzionali del Senato lo scorso 31 ottobre del progetto di legge “Disposizioni per la ricerca delle persone scomparse”, già approvato dalla Camera dei Deputati, c’è finalmente una soluzione.
E’ giunta così a conclusione una lunga battaglia, condotta in particolare dall’Associazione Penelope e dalla sua attuale presidente Elisa Pozza Tasca.  
La nuova legge definisce il fenomeno della scomparsa e lo inquadra nel sistema giuridico italiano. La scomparsa di una persona può essere denunciata con immediatezza da chiunque ritenga che da tale fatto possa derivare un danno per la persona stessa.  Chi riceve la denuncia “promuove l’immediato avvio delle ricerche” e ne dà comunicazione al Prefetto che assume le iniziative di sua competenza anche in accordo con gli Enti locali, con il sistema della Protezione civile, con le Associazioni di volontariato e  con altri enti, anche privati.   Inoltre il Prefetto, “sentiti l’autorità giudiziaria e i familiari della persona scomparsa”, può valutare l’eventuale coinvolgimento degli organi di informazione.  Questo passo tende a regolare il rapporto con i media, tenendo conto della sensibilità dei familiari e delle eventuali istanze della magistratura.
Lo scomparso va inserito nella banca dati specifica delle persone scomparse.  Tale banca dati è stata creata dall’Ufficio del Commissario straordinario e prevede la compilazione di schede RISC ante e post-mortem, utili sia per le ricerche sia per il confronto incrociato dei dati.
Al Prefetto spetta anche “il tempestivo e diretto coinvolgimento del Commissario straordinario per le persone scomparse”.  Tale passaggio della legge risulta particolarmente importante,  perché da un lato garantisce la permanenza di tale figura “straordinaria”, dall’altro rende necessario il coinvolgimento dello stesso, in modo da assicurare alle operazioni di ricerca la consulenza e la competenza maturata negli anni da parte di questo Ufficio sul fenomeno della scomparsa delle persone.
Proprio lo stesso giorno il Commissario Straordinario Prefetto Penta ha presentato al Ministero dell’Interno la nona relazione semestrale, da cui emergono dati sempre più preoccupanti.  Infatti, il fenomeno della scomparsa delle persone, malgrado la maggiore attenzione ad esso rivolta negli ultimi tempi, non si sta riducendo, anzi sta aumentando.  Nell’ultimo anno, infatti, si è registrato un incremento di quasi il 10% delle denunce di scomparsa e le persone non ritrovate sono, dal 31 dicembre 2011, aumentate di 541 unità; anche se sono aumentati i ritrovamenti, le persone da ricercare in Italia rimangono, in totale, più di 25 mila.
In questo quadro la legge risulta un importante punto di riferimento per la ricerca delle persone scomparse, ma anche per far partire una nuova riflessione su quanto si sta facendo e su quanto sia possibile ancora realizzare in questo settore, a livello locale, anche con l’apporto e il contributo dell’Associazione dei familiari e degli amici delle persone scomparse (Penelope)."
            
Presidente regionale Liguria
Associazione Penelope Onlus

Vincenzo Lorenzelli


17 nov 2012

Nella rete la capra canta!

Natale pare già nascosto dietro la porta di casa a giudicare dalle vetrine dei negozi, dagli spot pubblicitari e dai cofanetti delle profumerie: come vola il tempo!

Sono certa che voi, come me, pensate alla beneficenza, anche nel vostro piccolo.
A mio parere, il successo di una raccolta fondi è determinato dalla concretezza dell'azione che si andrà a realizzare: non mi serve donare se non so che fine faranno i miei soldini. Non voglio avere il dubbio che il contributo che mando con il cuore per - faccio un esempio - mandare un bambino africano a scuola con libri, penne, matite e quaderni, finisca nelle tasche di qualche furbetto.
La mia scelta quindi ricadrà su tutti quelli che - oltre a chiedermi un aiuto  - mi terranno aggiornata sugli sviluppi dei progetti ai quali ho deciso di partecipare; sapere con cadenza regolare che cosa si sta davvero facendo è un buon inizio per instaurare un rapporto di fiducia. Non è giusto che per pochi disonesti sfumino le possibilità di migliorare la vita di qualcun altro! "Non  mando più sms solidali, ché poi non si trovano i soldi" è una frase che questo Natale non voglio sentire.

Per cui, vi propongo un progetto poco conosciuto nel quale sto "immergendo le mani" per motivi di lavoro, che mi ha convinta perché punta alla concretezza dei risultati (ottenuti e programmati) senza fare leva sulla pietà, bensì sui successi.

Si tratta de "Gli Spacchettati": regali di Natale decisamente "originali" che potete fare a chi volete bene sapendo che quel che avete acquistato contribuirà a realizzare interventi, insegnare, fornire strumenti a chi non ne ha. Il che vale molto di più che un pugno di soldi messi in mano. 




COME FUNZIONA?
Esattamente come spiegato nel video. Andate su www.glispacchettati.it e scegliete l'animale che volete "regalare". A me piace la cicogna, per esempio: regalarne una formato ecard, che verrà recapitata all'amico a cui voglio dedicarla, significherà che il mio vero dono sarà portare assistenza alle donne in gravidanza in un paese sottosviluppato. Non è cosa da poco, anche ciò che è scontato per noi qui, laggiù è motivo di disperazione.

Che ne dite? A me quest'idea piace e a Natale regalerò un po' di capre, di pulcini e di cicogne in giro. Se poi riusciste a permettervi il pozzo o la mucca, be'... sarebbe proprio un grande doppio regalo!

BUON NATALE A TUTTI: per chi non lo è speriamo che almeno possa diventarlo.


19 lug 2012

Tutti pazzi questi VIPS!

Sempre più spesso mi trovo a sfogliare le riviste con un punto interrogativo sopra la testa: ma un personaggio è famoso perché è pazzo, o diventa pazzo quando acquista fama? No perché sembra proprio che la gente normale sia in estinzione (e purtroppo anche tra gli sconosciuti). Qualche esempio? Pochi ma buoni:

TOM CRUISE: Vabbè, con lui è facile, come sparare sulla croce rossa. È troppo basso e non sopporta che le sue donne indossino i tacchi (però mica ci esci con la Littizzetto, eh Tom? Tutte stangone da paura, vedi la Kidman, che ancora mi chiedo come abbia fatto a starci insieme così a lungo); quando ha annunciato il suo matrimonio con la Holmes si è messo a saltare sul divanetto dello studio televisivo, una delle sue peggiori interpretazioni, si vedeva lontano un miglio che non era spontaneo; la figlia di due anni, Suri, viene conciata dalla mamma come una prostituta olandese, comprensiva di tacco (TACCO SIGNORI, a una bambina di sei anni... ma dove sono i servizi sociali???), e lui alla stampa dice "i vestiti se li sceglie da sé, ha i suoi gusti" (ha anche sei anni, io a sei anni pensavo di essere la donna bionica, ma mia madre mica mi lanciava dalla finestra per darmi corda!). È una colonna di Scientology. E questo basterebbe per inserirlo nella lista "senza speranza".


LADY GAGA: io la chiamo "Lady Haha". All'inizio era divertente. L'album d'esordio non faceva per niente schifo, anzi. Poi ha cominciato a farsi gli autoscatti su twitter senza trucco (GERMANOTTA TI PREGO NON FARLO PIU'!), ad andare in giro con le tazzine da tè di porcellana (pare le ricordino il tea time con la nonna, pare) e a coprirsi di bistecche, e mi ha ricordato quegli pseudoartisti in carriera convinti, che ancora pensano che urlare con addosso una maschera antigas basti a convincere tutti che si sta facendo "arte" e non demagogia. 
L'originalità, proprio. È la copia cessa di Miss Ciccone (vedi chiusa).


LAPO ELKANN: ho pensato, "ce lo metto, tra i vips? Ce lo metto con Tom Cruise e Lady Gaga?".  Poi ho riguardato il video qui sotto. E mi son detta, "ma sì, dài, il post è sui pazzi, mica su quelli bravi".



pics by ©Stefania Orlando | blog.stefaniaorlando.it
Stesso dilemma per STEFANIA ORLANDO, ma poi ho trovato il suo BLOG : tra un post dove si crede Eva Kant, uno dove si trucca da scarabeo e uno dove consiglia il TUPPERSEX, proprio avevo solo l'imbarazzo della scelta. Propongo di cambiare titolo al sito e provare con "L' Orlando Furiosa", più fedele all'originale ma anche molto più appropriato.


Lourdes Leon
Insomma, alla fine diciamolo, quella che aveva fatto più parlare di sé, più a lungo, e sempre per motivi diversi è una sola, la vera Dea, la Star e Regina incontrastata del gossip: MADONNA. Ma non la metto in questa lista, perché secondo me lei sì che è una vera manager di sé stessa. Tutto quello che Madonna ha fatto da quando è diventata Madonna è assolutamente programmato a tavolino, creato ad hoc per suscitare clamore, per la carriera. Posare nuda, toccarsi in tour, baciare Britney, girare video scandalo: tutto nei piani. La vera Miss Ciccone è una macchina da lavoro, una che - parole della regista Susan Seidelman, director di "Cercasi Susan disperatamente" - prima di andare sul set si faceva dieci vasche in piscina, con sveglia alle quattro del mattino, ogni giorno. Ha giocato con il nome della figlia, che ha chiamato Maria Lourdes ma per tutti è Lola. Eppure mai l'abbiamo vista giocare con la sua immagine o con la sua educazione. Lourdes Leon è una ragazza semplice, pur essendo forse la più ricca d'america. Ha una sua collezione di abiti, ma non sfrutta la propria immagine pur essendo la copia di sua madre, come testimonial  della linea non c'è lei ma Georgia Jagger. Fino ai tredici anni mamma Maddy l'ha mandata in giro con le sopracciglia di Bergomi e i baffetti (la foto mi è testimone!), esattamente come una qualunque altra tredicenne (ehm, ok, negli anni '80 lo ammetto), altro che beauty baby farm a cinque anni.

A volte c'è chi ci è, a volte c'è chi ci fa. Nel dubbio, Strike a pose.

7 lug 2012

... E sotto l'ombrellone?


Tempo di mare, di vacanze, di ferie (per chi le ha...). E dilemmi. Che mi porto sotto l'ombrellone?
Quali libri vale la pena di leggere rilassandosi nel frescolino del vento di mare o nella quiete di campagna e di montagna?

Ecco qualche mio personale consiglio di lettura da cui potete prendere spunto:

1) QUATTRO GIORNI BIANCHI, di STEFANO ROVATTI:
"Tre criminali evasi dal carcere si insediano nella casa di una tranquilla famiglia borghese e, in attesa del denaro per completare la fuga, manipolano le abitudini degli ostaggi, intrappolandoli in un abisso di sangue e follia. Accompagnata da uno scavo introspettivo che non si ferma neppure davanti alle verità più dolorose e inconfessabili, si delinea la lenta agonia di un gruppo di personaggi non più in grado di essere padroni di sé stessi. Ispirato ad una storia vera, ma riletto nella più amara tradizione del noir, Quattro giorni bianchi si trasforma nella cruda radiografia di un universo oscuro, squassato da torbide intuizioni che, attraverso il sistematico esercizio della violenza, intesa come sfida ad ogni limite, si moltiplicano, si deformano e si mescolano, fino all’annientamento del più elementare senso di giustizia, dentro una coscienza senza sogni e senza redenzione."

2) 50 SFUMATURE DI GRIGIO, di E.L. JAMES
"Quando Anastasia Steele, graziosa e ingenua studentessa americana di ventun anni incontra Christian Grey, giovane imprenditore miliardario, si accorge di essere attratta irresistibilmente da quest'uomo bellissimo e misterioso. Convinta però che il loro incontro non avrà mai un futuro, prova in tutti i modi a smettere di pensarci, fino al giorno in cui Grey non compare improvvisamente nel negozio dove lei lavora e la invita a uscire con lui. Anastasia capisce di volere quest'uomo a tutti i costi. Anche lui è incapace di resisterle e deve ammettere con sé stesso di desiderarla, ma alle sue condizioni. Travolta dalla passione, presto Anastasia scoprirà che Grey è un uomo tormentato dai suoi demoni e consumato dall'ossessivo bisogno di controllo, ma soprattutto ha gusti erotici decisamente singolari e predilige pratiche sessuali insospettabili..." Il libro è un po' ripetitivo e scritto non proprio benissimo, la storia però scorre bene e "acchiappa", specie sulla sabbia rovente.

3) 101 MODI PER FAR SOFFRIRE GLI UOMINI, di DANIELA FARNESE
Qui mi soffermo in modo più personale: Daniela Farnese, aka "La Dottoressa Dania", è un'istituzione e io la seguo su tutti i suoi canali, blog, giornali, social; Una donna di un umorismo pungente e sagace, una penna che sa anche essere delicata e profonda. La adoro. Questo suo primo libro, che fa parte di una collana di Newton dal titolo "101 modi per..." è un vademecum nato per tutte coloro che soffrono per amore. L'intento però non è quello di mettere femmine contro maschi, ma trovare il modo di ridere sulle sofferenze che l'amore comporta, e magari trovare pure un bel metodo per farla pagare al furbetto di turno, che non manca mai... dalla sinossi:
"Le donne troppo spesso dimenticano che il maschio è un animale imperfetto e che, anche quando è innamorato, tradisce, ferisce e ha sempre qualcosa da farsi perdonare. Qualsiasi donna ricorda, nel suo passato sentimentale, almeno una ferita da parte di un uomo e avrà desiderato, anche solo per pochi attimi, di ricambiare il favore..." Prefazione di Luca Bizzarri.

4) LA DISTANZA NECESSARIA, di EMILIA MARASCO
Anche qui va fatta una premessa che "sento" di fare. Conosco Emilia, ed è una donna profondamente colta, e trovo abbia uno stile meraviglioso, poetico, alto. Il piacere che dà la lettura di certe immagini e descrizioni in questo libro è pari solo a quello che può dare una grande penna. Dalla sinossi:
"Stregata dalla magia di un quadro di Andrew Wyeth ("Christina's world", oggi al MoMA), la protagonista Mara, inquieta giornalista di cronaca nera, parte dall'Italia alla volta di Pennsylvania e Maine per scoprire la realtà che si nasconde dietro alla misteriosa e celebre figura del dipinto. Troverà il "mondo di Christina", sé stessa, ma soprattutto la distanza necessaria per guardare le cose. Per capirle."


Buona estate, e soprattutto buona lettura!

1 lug 2012

Il caso Chico Forti: la condanna di un innocente

Enrico Forti
Da qualche tempo in rete circola una vicenda della quale poco si conosce, ma che meriterebbe un'attenzione particolare in quanto coinvolge un nostro connazionale, Enrico Forti detto "Chico" (nella foto), rimasto incastrato in una vicenda che pare uscita da una sceneggiatura di Lynch, da quanto si dimostra surreale.

In breve (e vi lascerò al video dell'intervista alla nota criminologa Roberta Bruzzone per i dettagli), Chico dopo avere vinto una certa e significativa somma a TeleMike, negli anni '90 va a vivere a Miami e lì si costruisce una carriera come giornalista e documentarista; un giorno si trova a condurre un'inchiesta sulla morte dello stilista Gianni Versace, assassinato nel 1997 - pare - dal suo ex amante tossicodipendente Andrew Cunanan;  nello stesso periodo si trasferisce nel complesso di Williams Island dove conosce il tedesco Thomas Knott, che - interessato agli utili che avrebbe potuto guadagnare dallo sfruttamento della situazione, gli presenta un uomo influente, Matthias Ruhel, il quale gli dà l'opportunità di acquistare la "House Boat" dove Cunanan si sarebbe suicidato e che lui stesso aveva acquistato dopo l'omicidio Versace per pochi soldi dal proprietario, Tosten Reineck. Intanto Forti viene contattato anche da un ex investigatore della polizia di Miami, Gary Schiaffo, che gli promette del materiale scottante sulla vicenda, che Chico però otterrà solo in parte. Viene comunque realizzato il documentario, "Il sorriso della Medusa", in cui emerge il grave dubbio che Andrew non si sia suicidato, ma sia stato ucciso (come poi dimostreranno le foto del cadavere, mai consegnate a Forti) da una calibro 22 e trasportato solo in seguito sul luogo del crimine, la "House Boat" per l'appunto di proprietà di Reineck. Questo non piace alla polizia di Miami, in quanto viene a galla il sospetto che il caso sia stato insabbiato anche con la collaborazione delle forze dell'ordine, e - guarda caso - la House Boat di lì a poco subirà un "incidente" e verrà affondata dalla polizia con la scusa che potrebbe essere un pericolo per la navigazione nel canale. Ciò comporta la scomparsa della prospettiva di profitti che Knott, Ruhel e Reineck avrebbero dovuto trarre dallo sfruttamento della vicenda.
Nel frattempo Forti però continua a frequentare Thomas Knott, senza sapere che costui è un truffatore con un passato di un certo tipo in Germania. Questa amicizia gli costerà tutti i guai che sta scontando tutt'oggi e per i quali la criminologa forense Roberta Bruzzone si è mobilitata.
Thomas Knott mette Forti in contatto con Tony Pikes, un altro personaggio sopra le righe, aiutato a espatriare dall'Australia, dove aveva attiva un'accusa per truffa, proprio da Knott che gli procura i documenti falsi; questo tizio propone a Forti di acquistare un albergo a Ibiza, e iniziano delle trattative. L'accordo salta quando viene ritrovato morto il figlio di Pikes, Dale, australiano, il giorno dopo aver raggiunto il padre in America. Da qui il nucleo della vicenda: Pikes viene ritrovato in una zona nota per essere punto d'incontro per gay in cerca di avventure. Lo trovano nudo, forse violentato, con un sacco di indizi piazzati "ad hoc" che ne permettono subito il riconoscimento. Il ragazzo è stato ucciso da una calibro 22, che risulta essere intestata a Thomas Knott, ma pagata con la carta di credito di Forti: una strana situazione che viene spiegata dal commesso del negozio di armi, il quale conferma che la pistola è di proprietà di Knott e che lo stesso, privo del contante necessario all'acquisto, chiese a Forti di prestargli la carta di credito e di pagare al posto suo. Forti lo fa perché si fida di Knott senza sospettarne né il passato né le intenzioni. Viene fuori che uno dei due uomini avrebbe dovuto prelevare la vittima all'aeroporto. Questo porta entrambi all'accusa formale per l'omicidio di Dale Pikes. Si ipotizza che Dale potesse essere d'ostacolo alla compravendita dell'Hotel in quanto figlio del proprietario: entrambi vengono accusati anche di truffa e circonvenzione di incapace ai danni di Tony Pikes. 
Il punto è che, però, Tony Pikes stava tentando di vendere un Hotel che non possedeva, se non al 5%,  una percentuale che non gli avrebbe permesso certamente di venderlo a chicchessia. Quindi l'unico truffato si dimostra Forti, che viene prosciolto dalle accuse di truffa e circonvenzione d'incapace per le quali viene invece condannato a 15 anni Thomas Knott. Tali accuse erano la base del movente per l'omicidio: decadute le une, doveva decadere anche l'altra; ma questo non avviene e - inspiegabilmente - Forti mantiene l'accusa di omicidio di Dale Pikes e viene condannato da una giuria senza possibilità di revisione. Questo quando, ricordiamo, l'arma del delitto è registrata (ma non  verrà mai ritrovata, ovviamente) a nome di Knott, e Knott stesso è il collegamento tra gli omicidi Versace, Cunanan e Pikes.
Attualmente Chico sta scontando nel carcere di massima sicurezza di Miami una condanna all'ergastolo che gli è costata la perdita di tutto ciò che aveva: casa, soldi e soprattutto famiglia.

Roberta Bruzzone si sta occupando della revisione del processo: noi tutti possiamo diffondere la vicenda di Enrico per far sì che i capi di accusa vengano revisionati e che sia fatta finalmente giustizia in un caso fin troppo chiaro in cui i colpevoli la stanno passando liscia alle spalle di un innocente.



Seguite la ricostruzione in questo video:

16 giu 2012

Il diritto di condividere a sinistra

Sulla proprietà intellettuale più si discute meglio è: lo dimostra il fatto che il "diritto d'autore" è sempre in pericolo, qualunque contenuto si decida di pubblicare, per via della facile fruibilità di qualsiasi cosa appaia in rete.

La tutela del diritto d'autore, e - più che d'autore - di commercializzazione di una qualsiasi opera d'ingegno, sia essa artistica, letteraria, informatica, è tutelata dal simbolo  " © "spesso indicato anche tra parentesi "(c)", il Copyright. Con esso un editore può limitare la libera circolazione di un'opera e regolarne la diffusione impedendone modifiche, utilizzo e abuso. Sotto questa licenza acquistiamo libri, cd, software di ogni sorta. Fotocopiare integralmente un libro pubblicato, scaricare musica, crackare un sistema operativo significa infrangere il diritto d'autore ed essere punibile in termini legali.

Quello che non tutti sanno, forse, è che esiste una licenza meno rigida in termini di diritti d'autore, che si chiama "Copyleft" e si fonda sul gioco di parole che vede l'opposizione nella lingua inglese del termine "right" (ossia "diritto legale" ma anche "destra") con "left" (che significa "sinistra"); il tutto, rappresentato da un simbolo identico a quello del copyright, fatta eccezione per la "C" rovesciata, come nella foto). Questo simbolo indica un sistema "virtuoso" che tutela l'opera permettendone la circolazione e la modifica, purché ne vengano rispettate le condizioni essenziali. Per esempio, tutto quanto vedete pubblicato qui sopra è coperto da Copyleft: potete quindi copiare, citare e utilizzare quanto da me scritto per qualsiasi finalità, purché indichiate - se non la mia firma - almeno l' URL di questo blog. La citazione della fonte non toglie a voi la libertà di riutilizzare idee che vorreste commentare, demolire o sostenere, ma rispetta l'autore che le ha elucubrate e pubblicate, e crea un circolo virtuoso che non limita la diffusione né la commercializza a scopo di lucro, ma ne rispetta l'origine.

Molto spesso assistiamo a veri e propri "furti intellettuali", ossia la riproduzione di contenuti sul web avvenuta senza citazione delle fonti. Si tratta di una vera e propria violazione della licenza, e non solo di un semplice lavoro ingenuo di "taglia e incolla". Questo vale non solo per post e articoli, ma anche per le immagini, che spesso vengono fatte circolare senza citare l'autore solo perché appaiono come risultati di una semplice e banale ricerca su qualunque search engine. Niente di ciò che trovate, a meno che non sia esplicitamente dichiarato, è libero tout-court. 

È bene imparare che chiedere a un autore il permesso di pubblicazione di un articolo o di una foto, o verificare e citare la fonte, è il modo migliore per evitare problemi ma anche l'unico per far sì che un'idea rimanga integra e non ne venga snaturato il senso originale. 

Se volete esplicitare attraverso una Creative Commons License (che non comprende soltanto quella che ho scelto io) il modo in cui volete condividere i vostri contenuti, potete farlo all'indirizzo http://creativecommons.org, copiando sui vostri blog e siti il codice relativo alla licenza scelta. 
Buon lavoro, e buona libera circolazione virtuosa a tutti i vostri testi.

13 giu 2012

La Liguria di Christian Melfa


©C.Melfa - click to enlarge

Chi si occupa di arte - non mi stancherò mai di ripeterlo - deve possedere necessariamente un senso in più, soprattutto se si tratta di arti visive: una specie di “terzo occhio” con il quale cogliere aspetti che la gente comune non riesce a percepire. Disvelare il profondo significato che sta dietro un paesaggio, un volto, una scena quotidiana; squarciare il velo di Maya e offrire assaggi di qualcosa di più grande, questo è il compito ultimo dell’artista. Christian Melfa, genovese di nascita, questo lo sa bene.
©C.Melfa - click to enlarge


Interprete di una tendenza che vede tra i suoi seguaci il tedesco Sven Fennema, divenuto famoso per le sue “living  pictures” (“fotografie viventi”) di edifici abbandonati elaborate con mezzi digitali in postproduzione, Melfa è un  ritrattista di paesaggi fuori dal comune. Innamorato da sempre della riviera ligure, non si limita a immortalarla con scorci da cartolina: ne coglie l’anima, la vita che palpita nella roccia. Gli effetti digitali applicati alle fotografie non appesantiscono l’immagine, né tradiscono la fedeltà al panorama; al contrario, lo arricchiscono di un’atmosfera a volte decadentista, spesso sovrannaturale. 
©C.Melfa - click to enlarge


Ed ecco che uno scoglio affacciato sul mare carica il sublime di cui parlavano gli artisti romantici di un elemento in più, quasi alieno in certi scatti, ma non estraneo all’occhio umano. Una panchina abbandonata diviene, attraverso la lente di Melfa, simbolo di una solitudine umana profonda, un blues cantato sottovoce da luci e ombre, così come il mare di Genova, al contrario, sembra prendere vita sotto un sole mai stato così luminoso. I grattacieli si piegano verso l’uomo, e lo accompagnano, imponenti ma rassicuranti. Noi tutti siamo protagonisti dei suoi scatti, perché lo è il posto in cui viviamo. 



Sito Ufficiale: http://christianmelfa.daportfolio.com


22 mag 2012

Segretaria, Full Time... 450€ netti al mese. COSA?

Vi segnalo  - anziché ricominciare la tiritera da qui - l'articolo dell'amica Elena Torresani, che stamane ha ricevuto, tra le varie offerte di lavoro della mailing list di Infojobs, un'offerta vergognosa da parte di S5 Lab S.r.L.  Premetto che prima di fornire indirizzi e identità dell'azienda abbiamo verificato che si trattasse proprio di quella che ha pubblicato l'offerta. Io stessa avevo postato loro in homepage l'annuncio chiedendo se di loro si trattava: mi è stato chiesto se volevo mandare il curriculum, e quando ho fatto loro presente - educatamente - che proporre un compenso di 450€ per una giornata completa con mansioni amministrative equivaleva a prendere in giro tutti coloro che hanno bisogno di un lavoro, mi hanno disabilitato la bacheca.

Be', non credo ci sia da aggiungere altro.
Buona lettura, e per favore: non accettate mai compromessi che ledono la vostra, anzi, la NOSTRA dignità professionale e umana.

clicca per leggere l'articolo



AGGIORNAMENTO ORE 12.30 dal blog di Elena Torresani:
"a quanto pare c’è stato un errore nell’inserimento dell’annuncio. L’errore di inserimento riguarda tre dati:

- l’orario (manca “oppure”)
- tipologia di giornata (completa)
- contratto (“stage” invece che “progetto”)

Un po’ distratti, non c’è che dire."


Se di errore si è trattato, buon per loro. Ma perché non rispondere a chi chiede cortesemente spiegazioni, sospettando a buon diritto una grave mancanza nei confronti del lavoratore? In ogni caso, meglio così. Non mancheremo di controllare se su Infojobs verrà effettuata una errata corrige sull' annuncio in questione.


13 mag 2012

"Hope that something pure can last"

"Play with me" ©Claudia Toloni
http://cargocollective.com 
Sono gli Arcade Fire che cito nel titolo, ma in realtà è una citazione doppia: sono inciampata, grazie a contatti comuni, sui blog di Claudia Van Pelt, al secolo Claudia Toloni, e il suo delicato sguardo sulla realtà mi ha letteralmente conquistata. "Hope that something pure can last" è solo una delle tante serie di foto scattate con una vera Polaroid (altro che Instagram) che fanno parte dei blog e siti dove Claudia raccoglie le sue piccole poesie su pellicola. Lo stile retrò non è solo il risultato dato dal mezzo scelto per rappresentare questi scorci silenziosi di vita: Claudia vede la realtà come un quadro impressionista, e questo suo talento nel dipingere con la macchina fotografica è fatto di attenzione ai dettagli, pensieri lasciati scorrere, silenzio e ascolto della natura, del battito del proprio cuore. Claudia Toloni è regista e interprete ispirata di ciò che la circonda e che ascolta, trae linfa dalla vita stessa, senza doverla falsare, sfiorandola con dolcezza e cogliendone l'anima nel ricordo, la forma più poetica con cui rappresentarla.

"L'absence" - ©Claudia Toloni
http://365wonderlandadventures.tumblr.com  
Semplice ma di forte impatto, per esempio, è la serie titolata "L'absence".  Fantasma costante e quasi incolore, che accompagna ogni gesto affermando l'assenza e al contempo la forte presenza del ricordo, del desiderio, la tangibilità del tocco anche nella lontananza. Pare come di intuire tra le righe la storia che lega la protagonista dello scatto al suo fantasma: quasi la sentiamo sulla pelle, come fosse nostra, quella malinconia.
Un romanticismo delicato, la bellezza spesso ignorata di gesti quotidiani: tutto viene colto dall'obiettivo di Claudia; la solitudine e la dimensione del silenzio, non la parola ma il gesto, non l'urlo ma il sussurro fanno delle sue foto una collezione di piccoli cammei.

Non tutto quel che si trova su tumblr è destinato a finire nel fiume di immagini dimenticate della rete.
C'è un baule speciale dove tutto ciò che è vivo resta, e che ciascuno di noi può aprire in qualsiasi momento.
Anche questo chiede l'arte: dissetare un cuore arso, dare pace agli occhi e all'anima.

Claudia Toloni in rete:
Flickr
Blog
Tumblr
Carbonmade



24 mar 2012

Te la do io la musica! 1 - Heart to Heart

Ci sono canzoni che non si possono dimenticare.
Che ti frullano in testa sempre: sotto la doccia, a luci spente nel lettone, mentre stai pesando la cesta di banane al supermercato. Certe note non te le scolli dal cervello nemmeno se dovesse apparirti Patrick Swayze (rip) vestito come un budda chiedendoti di immolare la pellicola di Dirty Dancing in cambio della pace nel mondo.

Quindi mettiamoci il cuore in pace: dev'essere andata così anche per questa manciatina di note che a quanto pare hanno fatto la fortuna di ben tre gruppi diversi + una temeraria canadese (chissachiè) che ci ha fatto pure su la cover.

E proprio dal Canada partiamo, da una band il cui nome è "Heart", toh, di nuovo cuore, un leit motiv che ci accompagnerà fino all'epilogo, e vedremo perché.

Il gruppo nasce nel '63 grazie all'incontro tra il bassista Steve Fossen e i fratelli Mike e Roger Fisher che - incredibile originalità - sono fidanzati con due sorelle, Ann e Nancy Wilson, e - altra botta di originalità - non ci pensano due volte a integrarle al gruppo come vocalist (prima Ann e poi Nancy). Come dice il proverbio, mai mischiare amore con lavoro: entrambi nel giro di qualche anno perdono fidanzate e progetto: nel 1974 Mike abbandona per diventare fonico ufficiale della band e nel 1978 se ne va anche Roger.
Il... cuore del gruppo rimane nella presenza delle sorelle Wilson; e qui arriviamo al 1987, quando viene realizzato "Bad Animals", l'album in cui è inclusa "Alone", una ballad che si inserisce perfettamente tra le migliori nel panorama glamster di fine anni '80. Ma ascoltiamo questo capolavoro, e - soprattutto - affiniamo un po' l'udito per capire dove andremo a parare.




Bella, vero? Da strapparsi il cuore. Questo mix di capelli cotonati, chitarre elettriche e acuti ci cattura al primo ascolto. E al secondo. E al terzo. E al quarto, ehy, un attimo, al quarto mi ricorda qualcosa.

A questo punto lasciamo il Canada e torniamo in Europa, nella fredda Svezia, dove Per Gessle, lead vocalist dei Gyllene Tider (i "Tempi D'Oro") inciampa in Tomas Johansson, già manager degli ABBA, e gli fa ascoltare una ballad, "Svarta Glas", che viene riscritta anche in inglese con il titolo di "Neverending Love"; a questo punto Johansson, che non è proprio uno sprovveduto, aveva già presentato a Gessle la cantante Marie Fredriksson, già molto apprezzata in Svezia, e gli aveva proposto di formare il duo che verrà chiamato Roxette (come il singolo dei Dr.Feelgood, la band preferita da Gessle) per consentire ai Gyllene Tider di sbarcare più agevolmente negli Stati Uniti. Con l'apripista, insomma.
A unire il tutto ci pensa il produttore della EMI, Rolf Nygren: "Pearls of Passion" esce in Svezia nel 1986, interamente in inglese, ed è un successo. Nel 1988 viene distribuito negli USA e in Europa "Look Sharp", e il resto è storia. C'è però una traccia in questo LP che cattura la nostra attenzione: "Listen to your HEART", guarda caso una ballad. E secondo me il titolo non è stato scelto a caso. Ma ascoltiamola.




Carina, vero? Proviamo a riascoltare "Alone" e a cantarcela sopra: ma chi l'avrebbe mai detto! Combaciano.
Ma quindi possiamo dire che trattasi di plagio?
Ci vorrebbe lo spartito per poterlo affermare senza dubbi. Certo, però, le due ballad si somigliano parecchio, e il titolo, "ascolta il tuo cuore" potrebbe sottintendere che loro, LE CUORE, se le sono ascoltate per bene prima di scrivere la canzone. Ma sono solo supposizioni.

Anche perché, si sa, gli svedesi son discreti, anche quando giocano poco pulito. Noi italiani, invece, abbiamo il primato assoluto di trashaggine e saremmo sempre al primo posto se dovessero esistere gli Oscar mondiali di tale categoria.

Personalmente credo che quell'Oscar ce lo saremmo meritato cum laude nel 1997, dieci anni dopo il release di Look Sharp, e durante nientemeno che il Festivalone di Sanremo, dove il duo Jalisse, formato da Fabio Ricci e Alessandra Drusian (che nella vita dovranno per sempre ringraziare la Svezia per aver regalato loro quei cinque/dieci minuti di notorietà altrimenti dura da raggiungere) presentò "Fiumi di Parole" che incredibilmente VINSE. Vi faccio notare: VINSE PROPRIO LA MANIFESTAZIONE nella sezione NUOVE PROPOSTE. Soltanto in Italia possiamo accorgerci di un plagio, passarci sopra e addirittura premiare i colpevoli. Travaglio direbbe che è solo la nostra naturale predisposizione a crearci autoalibi, e avrebbe ragione.

Ecco l'imbarazzante pezzo che diede la vittoria ai nostrani Rossett.




La sola cosa che mi viene da pensare dopo l'ascolto è: ma come ha fatto quella gnocca della Drusian a stare con quella faccia da nerd di Ricci? Mistero!

Dopo tutto questo, come l'ha presa il mercato europeo? Si è fermato? È stata fatta la rivoluzione?
Macché: c'è posto per tutti. Se Michael Jackson riesce a portare in tribunale Al Bano senza vergognarsi che di Al Bano si tratta, è solo per colpa del Propofol. Ma ce li vedete i Roxette e gli Heart a disputarsela con Ricci-Drusian? Ma per favore! Sarebbe come se il McDonald e il Burghy si contendessero la nascita dell'hamburger. Una roba grottesca.

Per fortuna abbiamo l'ingenuità, la delicatezza e la paraculaggine di Celine Dion (Sììì LEI! Quella di "My HEART will go on!" ora lo vedete il Grande disegno Divino???) a rimettere tutto in ordine: nel 2007 viene realizzata la cover di "Alone" in versione strappalacrime e il cerchio si chiude.




Gli ultimi saranno i primi, e infatti Celine, con l'album che contiene questo pezzo, "Takin' Chances", guadagna più degli altri tre gruppi messi insieme.
Dal Canada al Canada, con tutto il CUORE.


20 mar 2012

Cosa diresti Fabrizio, di tutto questo?

Che cosa diresti, Fabrizio, tu che la tua Genova l'hai sempre onorata anche quando eri lontano, che hai sempre cercato di proporla con la sua storia, con la sua cultura, intatta nel tuo ricordo di fanciullo; che diresti delle decizioni di una giunta comunale che si dice interessata al Bene Supremo della città che governa, e che invece non fa che violentarla prendendo decisioni nocive su qualsiasi cosa: il commercio, il paesaggio, e oggi anche lo spettacolo?

Che cosa diresti, Fabrizio, se potessi vedere lo scempio che hanno fatto della tua Genova?

Io credo che saresti in piazza con noi, oggi, a urlare la tua delusione.



FONTE:  http://www.mentelocale.it/

Genova si spegne. Dopo anni in cui la politica cittadina ha puntato sulla cultura come volano per il rilancio della città, si spengono le luci dei teatri, dei festival, dei concerti. Si spengono oggi: il Comune non ha approvato il bilancio e la stragrande maggioranza delle manifestazioni culturali non potrà essere realizzata fino alla fine del 2012.
Alcune, dopo questa micidiale paralisi, non saranno più in grado di rialzarsi. Questo avverrà anche perché ad oggi la Regione Liguria non ha stanziato neppure 1 euro sul capitolo cultura.
Cosa succederà, quindi? Prima di tutto i cittadini non avranno più i servizi culturali che, da Voltri a Nervi, dal centro a Bolzaneto, in questi anni hanno aumentato la qualità della vita per i residenti e attratto i turisti. Dove c’è un teatro, un festival, un concerto c’è vita, c’è commercio, c’è un argine al disagio; la vivacità culturale di una città rappresenta l’identità dei cittadini che la abitano, è il suo biglietto da visita per il mondo, è uno dei perché valga la pena vivere in quella città e non scappare via. La vivacità culturale di Genova è uno dei motivi per cui la si ama.
Ma a Genova da oggi è il buio. Il bilancio non è approvato: le luci della città si spengono (e i circa mille lavoratori dello spettacolo restano a spasso). Questa mortificazione per Genova è un assurdo controsenso rispetto a quanto è emerso dalle pioneristiche indagini che l’Assessorato alla Cultura del Comune ha condotto sui teatri e sui festival genovesi: cioè che essi non solo rappresentano lavoro e indotto, ma che gli investimenti pubblici sul settore alla città ritornano moltiplicati. Da queste indagini, risulta che i genovesi sono assidui e appassionati frequentatori di teatro: in un anno oltre 600mila presenze in una città delle nostre dimensioni rappresenta un caso straordinario in Italia. Anche per i festival  i dati sono significativi: il pubblico coinvolto nel 2011 è di 183.000 persone. Tutto ciò significa, ancora, che i genovesi considerano lo spettacolo dal vivo e la cultura in generale un genere di prima necessità; che condividono quanto un giornale attento alla crescita economica come Il Sole 24 Ore sta da settimane ribadendo a gran voce: ovvero che senza cultura non c’è sviluppo.
Cosa succede invece? Non approvando il bilancio comunale, non possono essere emessi i Bandi a cui i teatri e i festival cittadini partecipano per ottenere gli indispensabili (e sobri) contributi per far vivere la città. Questi Bandi per lo spettacolo, dopo anni di contributi “senza regole”, sono stati perfezionati dall’Assessorato alla Cultura per offrire criteri di valutazione e trasparenza nell’erogazione dei fondi. Vogliamo buttare via tutto questo lavoro? Questi Bandi sono finanziati dai soldi dei genovesi e si traducono in un ottimo rapporto costi/benefici: lo spettacolo a Genova si intreccia indissolubilmente con il mondo della scuola, con il turismo, il commercio, il sociale, settori che contribuisce a rivitalizzare e alimentare. La mancata approvazione del bilancio sarà un gravissimo danno anche per questi settori. Ci sono pochissimi giorni per riparare a questo buio. Ci auguriamo che il senso di responsabilità verso la città prevalga.


TEATRO AKROPOLIS - Clemente Tafuri, David Beronio
TEATRO CARGO - Laura Sicignano
TEATRO DELL'ARCHIVOLTO - Pina Rando
TEATRO DELLA TOSSE - Emanuele Conte
TEATRO DELL’ORTICA - Mirco Bonomi
TEATRO GARAGE - Lorenzo Costa
TEATRI POSSIBILI -  Sergio Maifredi

ARTU/ FESTIVAL CORPI URBANI - Eliana Amadio
ECHO ART / FESTIVAL DEL MEDITERRANEO - Davide Ferrari
FESTIVAL DELLA POESIA– Claudio Pozzani
FESTIVAL GEZMATAZ - Marco Tindiglia
GENOVA FILM FESTIVAL - Cristiano Palozzi, Antonella Sica
SARABANDA / FESTIVAL CIRCUMNAVIGANDO - Boris Vecchio
SUQ - Carla Peirolero

24 feb 2012

"CocaColla chiude. Per una lettera."

il logo "incriminato"
Uno degli argomenti che mi stanno più a cuore riguarda la tutela di tutti quei blog e quei siti dedicati all'arte, alla sua indipendenza, alla promozione degli emergenti e alla ricerca della non banalità in un mondo in cui la commercializzazione di qualsiasi cosa ne soffoca l'afflato concettuale.

Penso, dunque, che chi si adopera per la cultura vada supportato e accompagnato - quando le sfide (e le sfighe) si fanno troppo dure - verso un'altra dimensione che possa, quantomeno, mantenerne il nucleo originale.

È quanto sta chiedendo ai blogger il sito "CocaColla.it",  dedicato ad arte, design e cultura.

Ma che è successo allo staff di CocaColla?
il CocaColla Drink Team
A quanto pare il colosso Coca-Cola non gradisce la somiglianza che accomuna i due marchi, anche se a dirla tutta li distingue bene non solo la grafica, con quella L in più, ma soprattutto il concetto. Come spiega il CocaColla Team:

"L’idea di chiamare il blog CocaColla nasceva da uno dei nostri primissimi brainstorming, quando pensammo di mettere insieme la colla, elemento fondamentale dell’artistica di base, ma anche della streetart, con la Coca-Cola, simbolo della cultura pop, dell’industrializzazione e della pubblicità come strumento fondamentale per sbaragliare la concorrenza. Per noi in questo nome c’era tutto quello che volevamo comunicare: tutte le nostre passioni, tutti gli argomenti che di lì a poco sarebbero diventati i temi del nostro lavoro quotidiano, di ricerca e produzione di contenuti. Un nome facile da ricordare e irriverente che faceva il verso proprio al soft drink più famoso del mondo."


Un'idea interessante, che faceva del prodotto finale l'esatto contrario di quello dal quale s'era tratta ispirazione.
La Coca-Cola Company, però, intercetta il blog, e in un lampo parte con una lettera di diffida, chiedendo al Team CocaColla di "ritirare le pratiche avviate per la registrazione del marchio e la cessione nei loro confronti del nome a dominio www.cocacolla.it." compresi i social ad esso annessi, "pena citazione a giudizio".

Pena citazione a giudizio detto da un gigante come CocaCola a un piccolo puntino come CocaColla, è puro terrorismo: i ragazzi decidono, con il consiglio di un legale, di cambiare completamente il nome del progetto e di obbedire.

Che cosa comporta tutto questo? 
Enormi danni al progetto editoriale: allo staff tocca ricrearsi daccapo, e recuperare in qualche modo tutto ciò che è stato fatto fino a questo momento. Un lavoro enorme, che porterà via tempo prezioso, e costerà molto anche in termini economici (pubblicità ospitata che andrà sospesa, riprogettazione del sito e del logo, modifica degli articoli che contengono il nome "CocaColla" etc.).

Cosa ci chede il CocaColla Drink Team?
Semplicemente di accompagnarlo, come dicevo, in questo processo di trasformazione, perché non si perda lo scopo del progetto, perché sia possibile riprendere da dove si è sospeso.  Perché non venga cancellato il lavoro dedicato all'arte e ai giovani artisti svolto fin'ora.
Non possiamo far nulla per aiutarli a mantenere il nome, ma possiamo aiutarli a mantenere il progetto: facciamo girare la notizia, forwardando il COMUNICATO STAMPA, scaricando il SUPPORT MEDIA KIT, e twittando con hashtag  #supportcocacolla la notizia della chiusura e le info a essa connesse.

E tiriamo un sospiro di sollievo che a qualcun altro, in passato, non è stato chiesto di ritirare le sue opere perché non poteva utilizzare un marchio commerciale.




17 feb 2012

Santi, Ici e Cantanti

Pare proprio, ultimamente, che qualcuno abbia rilanciato il divino un po' in tutti i campi: il commercio si affida a San Valentino, la discografia a San Remo e Monti - alleluja! - decide che è il momento che la Chiesa Cattolica faccia un po' di beneficenza ai poveri anziché predicarla soltanto. Un bilancio in media ottimo per le nostre tasche, un po' meno per la nostra pazienza.
San Valentino, però, lo si può ignorare; con Sanremo è molto più dura. Anche volendo restarne fuori, è impossibile: la tv parla solo di quello, i social impazziscono, i tweet e gli hashtag si accumulano, le battute si sprecano: anche questo è Sanremo, nel 2012: un fenomeno multimediale. Il rapporto che gli italiani hanno con il Festivalone è un po' quello che unisce una vecchia coppia isterica: non ci si ama più, ci si critica continuamente, ma alla fine si resta insieme. E questo - lo ammetto - è quanto accade anche a me. Le ultime parole famose sono "eh no, Sanremo quest'anno NO!". Infatti sono qui a scriverne.
Dopo essermi concentrata sulla musica per anni, è difficile smettere di parlarne, la penna parte da sola, le dita scorrono sulla tastiera del portatile come possedute: il destino è quel che è, non c'è scampo più per me.

Ma veniamo quindi ai punti salienti della manifestazione.


  • L'IMPEGNO
Questo festival dedica uno spazio alla mia regione, la Liguria, e alle vittime dell'alluvione. È bello che non ci si dimentichi, pur essendo passato del tempo, della tragedia che ha sconvolto Genova, La Spezia e la riviera di levante. Ci sono state parecchie iniziative musicali dedicate a noi, e ne sono felice. Ho una sola perplessità: come mai non sento nominare Messina, all'interno di queste iniziative? Perché non si ricorda che - oltre alla tragedia di Genova e La Spezia, c'è anche quella di Barcellona Pozzo di Gotto? Ci sono alluvionati di serie A e di serie B? La dignità, la casa, il lavoro, gli affetti, sono andati perduti tanto sotto la dolcenera del Fereggiano quanto sotto quella del Longano. Sono colpita che nessuno dica nulla.

  • BELEN E LE FARFALLE
Ne parlerò poco. Dico solo che "volgarità" non è solo un termine che serve a indicare tette e culi al vento. La volgarità è anche l'intenzione, la sottile allusione a ficcare pruriti a forza anche dove non fanno parte del contesto. In un festival internazionale di questa portata, la farfallina di Belen non c'entrava proprio una beneamata.

  • I CANTANTI (a grandi linee quelli che ho notato nel bene e nel male. Soprattutto nel male.)
Nina Zilli
Nina Zilli, cotonatura "Amy Winehouse Tribute" a parte, meravigliosa come sempre. Amo molto la sua voce profonda, l'intonazione sempre impeccabile, il suo look retrò e il fatto che sia trasparente. Bravissima.
Arisa me l'aspettavo: bisognava togliersi i panni della svampita, prima o poi, e questa canzone drammatica, cantata con delicatezza e precisione, è la sua occasione. Melodia sanremese al 100%, non mi stupirei se vincesse lei questa edizione 2012.
Noemi: e poi dicono che i talent sfornano solo meteore. È sempre stato chiaro che Noemi aveva quel "qualcosa in più" che le avrebbe fatto fare carriera in un batter di ciglia. Le collaborazioni giuste (Fiorella Mannoia), gli autori giusti (Fabrizio Moro, per il pezzo presentato all'Ariston), la voce roca e unica. La apprezzo moltissimo. Unica critica va al suo parrucchiere: il rosso Milva è passato di moda da un po', non sarebbe meglio un colore più sobrio? 
Matia Bazar: ovvero "Silvia si sveglia a Mezzanotte". Molto brava, sono contenta sia tornata perché la gallina spennacchiata che avevano prima mi aveva fatto venire voglia di rinnegare le radici comuni che ho con questo gruppo, che ai tempi della Ruggiero amavo alla follia. 
Arisa
Francesco Renga: per farvi capire che ne penso, devo citare un tweet di Paolo Madeddu, che io venero per la concisione: "il brano di Renga è un chiaro tributo a Renga".
Gigi D'Alessio e la Berté: ci ho messo un po' a capire che D'Alessio stava cantando con Loredana: mi era sembrata, da lontano, prima Renato Zero ingrassato, poi Lele Mora. Coppia improbabile. Lei troppo di carattere, lui sempre in stile Napulepiezzecore anche se gli dessero da cantare Wild Boys dei Duran Duran.
Irene Fornaciari: tutti la odiano, a me la sua voce non dispiace, la trovo un'interprete credibile, ma la canzone che ha portato è semplicemente orrenda. Non è un Grande Mistero che sia stata esclusa.
Erica Mou
Pierdavide Carone: non gli perdonerò mai di avere scritto la canzone con cui ha vinto Scanu nel 2010. Lo manderei a casa in tutti i modi, in tutti i luoghi, in tutti i laghi. E gli direi "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole". Capito, Nanì? E più non dimandare.
Marco Guazzone: un incrocio fra Tricarico e Mattew Bellamy. Mi piace moltissimo. Al primo ascolto ho pensato "mmh", al secondo invece "vincerà lui".
Erica Mou: (e qui mi faccio tanti nemici) di lei il web usa termini come "rivelazione", "miracolo", "meraviglia". A me è parsa di un noioso insostenibile, forzatamente cantautorale, clonata in quell'underground di nuovi talenti che sono convinti di essere gli eredi di De André, ma che musicalmente si somigliano troppo e pensano che basti una chitarra per renderli Cantautori. Capiamoci: non è che sia sbagliato, ci sono giovani musicisti che con una chitarra e un bel testo dimostrano di essere professionisti pure sul palco di un pub. Erica Mou, però, che palle. Voglio sentire presto altri suoi brani pre-sanremo per cambiare idea.
Giulia Anania: non pervenuta. Ma chi l'ha scelta questa? E soprattutto: Perché?

  • GLI OSPITI 
Patti Smith
Che si può dire di Patti Smith che canta dal vivo "because the night", se non che ho pianto davanti al video come una bambina per la gioia? Almeno una nota di grande qualità in questo festival l'ha portata lei senz'ombra di dubbio. Peccato che ci siano le figuracce degli altri a togliere il sorriso. Tipo quella di Arisa, che porta José Feliciano sul palco con il piglio di un cane guida, e poi gli indica lo sgabello dicendo "devi sederti lì", e subito dopo chiede a Morandi "come lo aiutiamo a sedersi?" Qualche neurone glielo hanno tolto per l'immagine, ma qualche altro le manca di suo. Brian May suona con Irene Fornaciari, lei piange, commossa: i Queen li ama tantissimo, d'altra parte: l'ultima volta che l'ho vista qui a Genova era a un concerto dei RadioGaga (coverband delle Regine) insieme al compagno, Roberto Tiranti (mio concittadino). Bersani ha cantato romagna mia; e io lì per lì pensavo fosse il PierLu. Bello il duetto Skye e Zilli; tutti ci siamo chiesti chi diavolo fosse Gary Go; Anzi, Garigò, grazie Morandi che esisti.

  • I PRESENTATORI
Morandi non ce lo vedo a presentare. La Canalis non ce la vedo al mondo proprio e non mi stupisco che Clooney sia passato da Ocean's Eleven a Fastweb dopo questa relazione. Belen non la sopporto. Papaleo non mi piace. Meno male che c'è Vessicchio.

  • IL PRONOSTICO
Non rispecchia del tutto la classifica che vorrei, ma faccio come il buon Sabani quando imitava Mike: scelgo la busta tre e dico che questa edizione la vince Noemi (ballottaggio al secondo tra Arisa e Zilli). 


Ci vediamo domenica per il numero del negozio che mi ha venduto la sfera di cristallo. Oppure per gli insulti, fate voi, io tanto non ho niente da fare.



Aggiornamento durante la diretta di Sabato 18 febbraio 2012: ho appena capito che voglio Arisa al primo posto, Nina Zilli al secondo e Noemi al terzo. Rimane confermato il pronostico, ma il mio cuore è con quella piccola papera che è di una professionalità impressionante. Brava Rosalba, mi hai commossa.


Aggiornamento dopo la finalissima: Ha vinto Emma. Seconda Arisa, terza Noemi. In Italia contano soprattutto gli AMICI. Che squallore. Brava Arisa, brava Noemi, e brava Nina! Per me questa è musica.

5 feb 2012

Un bicchiere di Barolo di troppo

Dovete sapere che io ho le mie fonti, i miei informatori. Una dei quali, a sua volta, fa parte di un valido gruppetto di attentissimi della rete, che io chiamo "fashionspippolators", perché seguono con interesse Chiara Ferragni e selezionano tutto ciò che ritengono all'altezza nel campo della moda. Purtroppo a volte capita che, a forza di spippolare in rete, inciampino rovinosamente su qualche sito o blog che li imbarazza a tal punto che si sentono in dovere di fare nomi e cognomi. E per fortuna li fanno anche a me.

Ecco, dunque, come sono capitata su www.affashionate.com : il fashion blog di Elena Barolo.
Premetto che le critiche che ivi esporrò saranno argomentate nel dettaglio, per evitare l'effetto (purtroppo tutto italiano) "sono invidiosa perché è fortunata e quindi attacco", che personalmente non sopporto. Visitando i links dei video di Chiara Ferragni ho capito che questo è un cancro tutto nostrano, perché sui canali delle altre due fashion blogger che affiancano Chiara in  "Werelse", Andy Torres e Carolina Engman , non ci sono insulti gratuiti; eppure entrambe le fanciulle sono al pari straricche e strafortunate. Non vedo grosse differenze fra le tre, se non la nazionalità.

Ma veniamo al Barolo. Vi assicuro che risulterà molto più difficile berne un bicchiere dopo avere visitato Affashionate (Partendo dal titolo. Che senso hanno le lettere evidenziate in rosa? Compongono la parola 'A FATE? Cominciamo bene.) Però, cerchiamo di cogliere l'aspetto positivo. Il suddetto link è un perfetto vademecum che contiene tutto ciò che un'aspirante fashion blogger NON deve fare.  Vediamo perché.

  • 1 - Sono bella, quindi posso parlare di moda.
Credo che nessuno dotato di buon senso possa dire della Barolo (come, ancora non ve la ricordate? Ma sì, dài, la Velina!) che non è una bellissima donna.  È oggettivo. Quello che non è automatico è il pensiero che una bella donna possa parlare di moda solo perché le piace e perché è di bell'aspetto. Di certo è richiesto: ma non essenziale. Prima di tutto bisogna capirci qualcosa. Non basta sfogliare Vogue per occuparsi di moda. Ci vorrebbe anche una certa cultura, o quantomeno un gusto fuori dai canoni tradizionali. Che Elena, a mio parere, non ha. Altrimenti non proporrebbe un pitonato verde per un  matrimonio civile o non accosterebbe due toni diversi di maculato a un top fiorato.

  • 2 - Sono una modella, quindi posso pubblicare foto "in posa".
La fotomodella non è una blogger. La differenza tra una foto per una rivista, che spesso è integrata in un contesto a tema, è artistica. Non a caso Vogue chiede nientemeno a Demarchelier, Leibovitz, Toscani di firmare gli scatti dei servizi di punta. La foto artistica giustifica e soddisfa completamente due richieste: mettere in evidenza i capi ma anche la bellezza estetica di contesto e modella.
La fashion blogger ha un solo fine: quello di proporre il proprio look alle lettrici. Le foto del fashion blog sono quindi spesso più "da postalmarket" che da rivista patinata, ma c'è un perché: la protagonista non è la blogger, ma l'abito che indossa.
E qui la Barolo fallisce: non importa che ti scatti la foto col vestito laminato, se poi ti si vede solo la coscia e la posa da panterona. Vogliamo vedere cosa indossi, non quanto sei bella, ché quello è scontato, già lo sappiamo.

  • 3 - La risoluzione delle foto scattate non importa.
Niente di più sbagliato: se vuoi guidare le donne nella scelta di capi e accessori, li devi presentare più che puoi in una veste appetibile e cercando di non tradirne consistenze e colori. Come si fa a capire che spessore ha un tessuto, o quanto è finemente ricamato, se le foto te le fai con un cellulare a un megapixel?
Inutile linkare Blackberry, se poi utilizzi un modello base come il Curve per gli autoscatti. Meglio sarebbe stata persino una piccola vecchia kodak. Ma una macchina fotografica, suvvia, almeno.


  • 4 - Per fare tendenza basta elencare i vestiti che mi piacciono.
Irene Colzi
Falso. Per fare tendenza, tra quelli che ti piacciono, devi saper selezionare i capi che ti aiutano a creare qualcosa di tuo. Anche qui mi tocca riproporre Chiara Ferragni come esempio. Ma non solo: guardate Irene Colzi (foto) che gusto, che delicatezza e che piacevolezza negli accostamenti. Ci viene voglia di vestirci bene come lei, ci si immedesima. Di modelle ce ne sono tante, la differenza la fanno le donne in cui ci rispecchiamo (se non per conto in banca, per fisico, per età, quantomeno per semplicità). Già che ci siete, confrontate  le sue foto con quelle della Barolo e ditemi se non ho ragione ad affrontare quanto scritto al punto 2




  • 5 - avere un fashion blog fa di me una giornalista di moda.
Cito dalla sezione "about" (dove peraltro, la Barolo si autointervista. Ma Elena! Non sei la Fallaci!) :

[il fashion blog] oggi è il modo più veloce e diretto per far “sentire la propria voce”, in un mondo dove la concorrenza dal punto di vista giornalistico è spietata, e perché diventi automaticamente la “redattrice di te stessa”.

Questo mi fa molto irritare. Una giornalista di moda è un'amatrice, certamente,  - si è mai vista la Sozzani vestire male? - ma ha anche una cultura, un punto di vista critico e soggettivo, una capacità affinata con l'esperienza di capire quali tendenze avranno successo e quali no.
Una blogger è una blogger, a meno che non aspiri a diventare giornalista. E non una modella. 


La ScoMODAmente
Un esempio di giornalismo e moda tra il professionale e l'amatoriale lo trovate su La ScoModaMente (logo a lato).
Mi colpisce la qualità degli articoli e l'originalità con cui la redattrice (non scelgo la parola a caso) guida le scelte del suo blog, non dimenticando di occuparsi della madre della moda, l'arte. Oltre al fatto che pubblica ogni venerdì, con cadenza regolare, proprio come una testata vera e propria.

Vi ho convinti? Lo spero. Cercare la qualità anche in rete, sempre
Altrimenti l'effetto pecoroni non vi lascerà via di scampo(lo).


Si ringraziano i fashionspippolators per questo articolo: Valentina, Silvia, Carmen, Alessandro e Paola.

27 gen 2012

Apriamo i cancelli

Immaginate un silenzio irreale.
Un muto rumore di neve, di gelo e disperazione.
Una coltre di dolore, la cui unica voce è il vento.
Immaginate lo sconcerto dei soldati sovietici, il 27 gennaio 1945, ad Auschwitz, all'abbattimento di quei cancelli, alla scoperta di quei corpi martoriati, dei cadaveri, delle persone che fino a quel momento avevano cessato persino di essere umane, perché qualcuno aveva tolto loro tutto ciò che poteva definirli tali.
Immaginate questo, per un attimo. Immaginate il degrado più infimo che un uomo e una donna possano mai toccare. Non ci riuscirete. Perché è davvero fuori da qualsiasi concezione di civiltà (una parola che abbiamo riscoperto dopo, una volta smantellate le dittature, ma che spesso ancora oggi dimentichiamo) immedesimarsi in una situazione così cruda, violenta e disumana. 

Io credo che il giorno della memoria non sia una ricorrenza, ma un esercizio. E che se qualcuno oggi è capace di negare un delitto come la Shoah, significa che l'incubo di quelle persone, spogliate della propria dignità e del diritto alla vita, continua ancora. E se spostiamo un po' il nostro punto di vista, e ci muoviamo verso paesi come l'Africa, scopriamo che una cosa simile sta ancora accadendo, e che "persecuzione" non è una parola sbiadita nel vocabolario di molti.

Quindi fermiamoci un attimo, e immedesimiamoci. Facciamolo, per coloro che ancora oggi sono vittime di persecuzione. Non limitiamoci alla ricorrenza: rendiamo la dignità a tutte quelle persone.

Apriamo nuovamente i cancelli.

3 gen 2012

C'è moda e moda!

Sembra una vera e propria "febbre dell'oro", quella che spinge centinaia di giovani donne ad aprire un fashion blog e parlare di moda, come se ci si capisse qualcosa veramente. Questa critica non vale, certo, per quei blog ideati dai professionisti del settore e che hanno accesso alle sfilate e padroneggiano la materia. Però diciamocelo: la maggior parte dei fashion blog e dei siti dedicati al make up sono assolutamente dilettantistici, roba che se mi ci mettessi io - che non capisco una mazza di moda, ma che non andrei mai in giro con un top e la panza a vista, e mi so truccare per non sembrare la sposa cadavere - con la convinzione necessaria, avrei comunque il mio gruppetto di followers.

Per evitare di incappare in facili dilettantismi, bisogna buttarsi sul quasi mainstream. Dico quasi perché se visitate solo i siti ufficiali dei maggiori stilisti mondiali, certo, andate sul sicuro, ma non avete un punto di vista "umano", accessibile ogni giorno.

Chiara Ferragni
Una che sta dimostrando da anni di saperne e di essere perfettamente in grado di interpretare le proposte degli stilisti nel quotidiano e in tutte le occasioni è Chiara Ferragni , 24 anni, stile impeccabile, perfettamente in linea e in equilibrio tra osare e indossare. Non so se mi spiego. Se la risposta è no, non avete che da visitare The Blonde Salad e nutrire gli occhi dei meravigliosi accostamenti proposti da questa furba fanciulla che ha capito benissimo che se ci sai fare basta sapersi vendere et voilà! Passe-par-tout a tutte le sfilate, una linea di scarpe da lei firmata, viaggi nelle capitali della moda, considerazione e rispetto nell'ambiente. Ragazzi... non è mica così facile, eh!

Arianna Chieli - FashionBlaBla
Se desiderate uno sguardo "multifocale" su trend e must have, mi ripeto: potete consultare FashionBlaBla, di cui questo blog ha parlato in anteprima assoluta tra i primi post, diretto dalla bravissima (e bellissima) Arianna Chieli. Uno staff scelto, fresco, originale, inviate molto attente alle lettrici comuni, recensioni di sfilate prestigiose ma anche ottimi consigli per le profane. Un sito completo, elegante anche nel layout, leggibilissimo e piacevole. Io me lo sono piazzato su Bloglovin, per avere i loro consigli sempre con me, anche su smartphone (iPhone e Android).

Carla Gar...Gozzi
E sempre su smartphone (ma solo su iPhone), trovate la ormai mitica Carla Gozzi (che, mi perdoni, io continuo a chiamare Carla Gari perché il mio cervello a quanto pare trova che alla sua faccia stia meglio quel cognome lì), che non ha mica solo presentato "Ma come ti vesti!" su Real Time (un capitolo a parte per questo magnifico canale!) in tutta la sua vita, anzi: ha collaborato con alcuni dei più importanti nomi della moda, Cristian Lacroix, Calvin Klein, J.C. de Castelbajac, Mila Schön... un'esperienza invidiabile. Snob? Può darsi. Ma di che stiamo parlando, di fagioli con le cotiche?


Ines de la Fressange
L'ultimo ma non ultimo consiglio, ANZI, è di carta: La Parigina, di cui è disponibile anche l'agenda 2012, che contiene i preziosissimi consigli di Ines de la Fressange, modella e stilista che ha avuto il suo top negli anni '80 (ne incarnava fisicamente la personalità, a mio parere), scritto insieme alla giornalista di Elle Sophie Gauche: qui stiamo parlando di Chanel, Karl Lagerfeld, Roger Vivier. Uno solo dei suoi consigli vale oro, e questo libro è forse un po' caro (se contiamo che il contenuto è parecchio modesto in quantità, 25€ sono parecchi) ma estremamente interessante, piacevole, illuminante, soprattutto quando si immerge nella Parigi dei piccoli negozietti fuori dal mainstream, nei musei minori, nelle chicche parigine dove scovare pezzi unici per costruirsi un look fuori dal coro, ma sempre impeccabile. Ho amato ogni singolo scatto realizzato dalla figlia di lei Nine d'Urso, così come l'impaginazione colorata. Meglio avere una copia de "La Parigina" in casa, che dieci riviste diverse di moda. Qui sopra non c'è marketing, è tutto stile.

Avete deciso, quindi, chi seguire? Io, nel dubbio, non mi perdo nessuna di loro.


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